Mielofibrosi primaria o secondaria intermedia o ad alto rischio: l’FDA ha approvato Inrebic a base di Fedratinib


L’FDA ( Food and Drug Administration ) ha approvato Inrebic ( Fedratinib ) per il trattamento dei pazienti con mielofibrosi primaria o secondaria ( post-policitemia vera o trombocitemia essenziale ) intermedia o ad alto rischio.

Ruxolitinib ( Jakafi ) era l’unico farmaco approvato per la mielofibrosi, ed era entrato sul mercato nel 2011.

La mielofibrosi è una malattia cronica in cui si forma tessuto cicatriziale nel midollo osseo e la produzione delle cellule del sangue si sposta dal midollo osseo alla milza e al fegato, causando l’ingrossamento di questi organi.
E' associata ad estrema stanchezza, mancanza di respiro, dolore sotto le costole, febbre, sudorazione notturna, prurito e dolore osseo.
Quando la mielofibrosi si verifica da sola, viene chiamata mielofibrosi primaria.
La mielofibrosi secondaria si verifica quando c’è un’eccessiva produzione di globuli rossi ( policitemia vera ) o un’eccessiva produzione di piastrine ( trombocitemia essenziale ) che poi evolve in mielofibrosi.

L’approvazione si basa sui risultati di JAKARTA, uno studio multicentrico di fase 3, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha valutato l’efficacia di due dosi orali giornaliere ( 400 mg o 500 mg ) di Fedratinib, rispetto al placebo, in pazienti con mielofibrosi primaria intermedia o ad alto rischio, mielofibrosi post-policitemia o mielofibrosi conseguente a post-trombocitemia essenziale con splenomegalia.
Lo studio ha riguardato 289 pazienti in 94 sedi in 24 Paesi.

L’endpoint primario dello studio era il tasso di risposta del volume della milza, definito come la percentuale di pazienti che hanno dimostrato una riduzione del volume della milza maggiore o uguale a 35% dopo sei cicli di trattamento di un mese.
Gli endpoint secondari includevano il tasso di risposta ai sintomi, definito come la percentuale di pazienti con una riduzione maggiore o uguale a 50% del punteggio totale dei sintomi dopo sei cicli di trattamento di un mese.

I risultati hanno mostrato che 35 dei 96 pazienti trattati con una dose giornaliera di Fedratinib 400 mg hanno presentato un significativo effetto terapeutico ( misurato con una riduzione maggiore o uguale al 35% rispetto al volume di base della milza alla fine del ciclo sei [ settimana 24 ], valutato mediante risonanza magnetica o tomografia computerizzata a scansione dopo 4 settimane ).
Inoltre, 36 pazienti hanno sperimentato una riduzione superiore o uguale al 50% dei sintomi correlati alla mielofibrosi, tra cui sudorazione notturna, prurito, disagio addominale, stomaco eccessivamente pieno soprattutto dopo i pasti, dolore sotto le costole sul lato sinistro e dolore osseo o muscolare.

Gli effetti avversi comuni associati a Fedratinib comprendono: diarrea, nausea, vomito, affaticamento e spasmi muscolari.
I pazienti possono essere affetti da anemia grave e trombocitopenia.
Inoltre, i pazienti devono essere monitorati per la tossicità gastrointestinale e per la tossicità epatica.

L’indicazione comprende anche l’avvertenza circa il possibile rischio di encefalopatia grave e mortale, compresa l’encefalopatia di Wernicke, un’emergenza neurologica legata a una carenza di tiamina segnalata in 8 dei 608 pazienti trattati con il farmaco negli studi clinici registrativi.
Gli operatori sanitari devono valutare i livelli di tiamina in tutti i pazienti prima di iniziare la terapia, durante il trattamento e come indicato clinicamente.
In caso di sospetta encefalopatia, Fedratinib deve essere immediatamente interrotto.
Inoltre, gravi reazioni avverse sono state segnalate nel 21% dei pazienti trattati con Fedratinib nello studio JAKARTA, con insufficienza cardiaca nel 5% dei pazienti. ( Xagena_2019 )

Fonte: FDA, 2019

Xagena_Medicina_2019