L’immunoterapia oncologica cambia lo standard di cura nei tumori


L’immunoterapia oncologica si conferma la nuova arma efficace per combattere il tumore e allungare la sopravvivenza a lungo termine, garantendo una buona qualità di vita. Questo approccio innovativo ha evidenziato risultati importanti nel tumore del rene ( 10.400 nuovi casi ), del distretto testa-collo ( 9.200 nuovi casi ) e in quello del polmone, uno dei più frequenti ( 41.000 nuovi casi nel 2015 in Italia ).
Sono in corso studi anche nel tumore del vescica, del fegato e del cervello.

Per le enormi potenzialità che ne derivano, l’immunonoterapia oncologica rappresenta uno dei temi centrali del 52° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology ( ASCO ).

Tumore del rene

L’approccio immunoterapico funziona nel tumore del rene, dove la chemioterapia e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci.
Il trattamento di scelta per la malattia localizzata è rappresentato dalla chirurgia, conservativa quando possibile. Il 60% circa delle neoplasie renali è individuato casualmente, come diretta conseguenza dell’impiego, sempre più diffuso, della diagnostica per immagini in pazienti non sospetti in senso oncologico.
Ma circa un quarto delle diagnosi avviene in stadio avanzato, con limitate possibilità di trattamento. Per questi pazienti si stanno aprendo nuove opportunità grazie all’immunoterapia oncologica.
In particolare Nivolumab ( Opdivo ) è un inibitore del checkpoint immunitario PD-1, molecola coinvolta nei meccanismi che permettono al tumore di evadere il controllo del sistema immunitario.
Recentemente l’Agenzia regolatoria europea ( EMA ) ha approvato Opdivo nei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato precedentemente trattati.
Lo studio di fase III che ha portato alla registrazione di Nivolumab sia negli Stati Uniti sia in Europa ha evidenziato una riduzione del rischio di morte del 27%, pari a più di 5 mesi, rispetto allo standard di cura ( 25 mesi versus 19.6 mesi ). Il tasso di sopravvivenza globale ad 1 anno è stato del 76% per Nivolumab contro il 66% del braccio di confronto.

Tumore della vescica

Risultati promettenti si hanno con Nivolumab nel tumore della vescica, uno dei più frequenti con 26.000 nuove diagnosi stimate in Italia nel 2015.
Recentemente l’Agenzia regolatoria statunitense ( Food and Drug Administration, FDA ) ha approvato Atezolizumab ( Tecentriq ), un immuterapico anti-PD-L1, per il trattamento dei pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico la cui malattia è peggiorata durante o dopo chemioterapia contenente Platino, o entro 12 mesi dal trattamento chemioterapico contenente Platino, sia prima ( neoadiuvante ) sia dopo ( adiuvante ) intervento chirurgico. Il carcinoma uroteliale è il tipo più comune di tumore della vescica e si verifica nel sistema urinario, coinvolgendo la vescica e i relativi organi.
L’approvazione è avvenuta sulal base dei dati di uno studio clinico a singolo braccio che ha coinvolto 310 pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico. In tutti i pazienti, il 14.8% dei partecipanti ha manifestato almeno un restringimento parziale dei propri tumori, un effetto che è durato da 2.1 a più di 13.8 mesi al momento dell'analisi della risposta. Nei pazienti che sono stati classificati come positivi per l'espressione di PD-L1, il 26% ha presentato una risposta antitumorale ( contro il 9.5% dei partecipanti che sono stati classificati come negativi per l'espressione di PD-L1 ).

Tumore del polmone

Opdivo è stato approvato dall’EMA nel trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule, non-squamoso e squamoso, localmente avanzato o metastatico.
La forma squamosa è tipica dei fumatori. Solo il 15% dei casi di tumore del polmone riguarda i non-fumatori, che di solito presentano mutazioni genetiche e possono essere trattati con farmaci a bersaglio molecolare. L’85% delle diagnosi interessa i tabagisti, che non sono caratterizzati da queste alterazioni e non disponevano finora di farmaci realmente efficaci.
Nello studio registrativo Nivolumab ha evidenziato un tasso di sopravvivenza a un anno del 42% e una riduzione del rischio di morte del 41% rispetto alla terapia standard.
Nello stesso tempo, agendo direttamente sul sistema immunitario, Nivolumab ha dimostrato un profilo di sicurezza vantaggioso rispetto alla chemioterapia standard, garantendo una qualità di vita nettamente migliore.
È un importante risultato ed è il primo reale passo in avanti negli ultimi venti anni in una neoplasia particolarmente difficile da trattare. L’unica arma disponibile infatti era rappresentata dalla chemioterapia, poco efficace e molto tossica.
Si stanno, inoltre, delineando prospettive importanti in questa patologia grazie alla combinazione di due farmaci immunoterapici, Ipilimumab e Nivolumab.

Melanoma

Il melanoma è stato il tumore che ha dato avvio alle sperimentazioni cliniche dell’immunoterapia oncologica.
L’immunoterapia ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza a lungo termine nelle persone colpite da questo tumore cutaneo in fase avanzata: il 20% dei pazienti è vivo a 10 anni, in questi casi la malattia si arresta o scompare del tutto.
Nel melanoma è oggi possibile evitare la chemioterapia.
L’immunoterapia oncologica ha un’efficacia trasversale, non limitata a una sola patologia, per il fatto che stimola il sistema immunitario rinforzandolo nella lotta contro la malattia tumorale.
Nivolumab ha evidenziato nei casi di melanoma avanzato un tasso di sopravvivenza a 1 anno superiore al 70%, con una riduzione del rischio di morte del 58%.
In uno studio di fase I, la curva di sopravvivenza di Nivolumab ha evidenziato una percentuale di pazienti vivi pari al 35% a 5 anni.
Inoltre studi recenti hanno dimostrato l’efficacia della combinazione di Ipilimumab e Nivolumab. L’associazione ha evidenziato una riduzione delle dimensioni del tumore, cioè tassi di risposta, non solo maggiori rispetto ai due farmaci somministrati in monoterapia ma anche più rapidi e duraturi.


Tumori del testa-collo

L’immunoterapia oncologica ha mostrato risultati interessanti anche nel trattamento dei tumori del distretto testa-collo.
In Italia vivono più di 113.000 persone con questo tipo di neoplasie, fortemente influenzate dagli stili di vita. Almeno il 75% dei casi infatti è causato dal fumo di sigaretta e dall’alcol.
Se individuate in fase precoce queste neoplasie presentano tassi di guarigione compresi fra il 75 e il 100%. Tuttavia la maggior parte delle diagnosi avviene in stadio avanzato, in cui la prognosi peggiora drasticamente con percentuali di sopravvivenza a 5 anni intorno al 40%.
In uno studio di fase III Nivolumab ha dimostrato un tasso di sopravvivenza globale a 1 anno del 36% verso il 16.6% del braccio di confronto, che era rappresentato dalla chemioterapia. ( Xagena_2016 )

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