Linfomi non-Hodgkin: efficacia e sicurezza di Rituximab confermate anche nella somministrazione per via sottocutanea


I linfomi non-Hodgkin sono malattie tumorali che derivano dalla trasformazione neoplastica di cellule linfatiche che risiedono nei linfonodi, ma possono anche interessare sedi extranodali come il sistema gastrointestinale e il sistema nervoso centrale.
La classificazione dei linfomi non-Hodgkin è complessa. Si distinguono più di 40 sottotipi. Sono raggruppati in due gruppi principali: i linfomi derivati dalla trasformazione neoplastica di cellule di tipo B, che rappresentano la maggior parte di questi tumori, e quelli che derivano dalla trasformazione delle cellule T.
Dal punto di vista clinico è possibile distinguere le forme a basso grado di malignità, che crescono lentamente, dalle forme più aggressive che crescono velocemente.

Rispetto all’incidenza dei linfomi non-Hodgkin, le stime sono di circa 20 nuovi casi su 100.000 abitanti all’anno. L’incidenza varia in base all’età, sono più colpite le persone dopo i 60 anni.
In Italia ogni anno si registrano circa 10.000-12.000 nuovi casi.
Il rischio di sviluppare un linfoma nel corso della vita è di circa 1-1,5% ( 1 caso ogni 70 a 100 persone ).

L’avvento di Rituximab ( MabThera ), un anticorpo monoclonale anti-CD20, ha cambiato il trattamento.
Rituximab è una terapia a bersaglio molecolare che distrugge le cellule B, in quanto è in grado di riconoscere l’antigene CD20 espresso sulla superficie di tutte le cellule B, sia quelle normali che quelle maligne.

Può essere utilizzato nel trattamento dei linfomi non-Hodgkin B come agente singolo nella fase di mantenimento o in combinazione con la chemioterapia nella fase di induzione, rendendola più efficace.
Rituximab è stato approvato dalla FDA ( Food and Drug Administration ) statunitense nel 1997 per la terapia dei linfomi follicolari recidivati.

Alla luce delle crescenti evidenza sull’efficacia del farmaco l’indicazione di Rituximab è stata estesa poi ai linfomi follicolari in prima linea, al linfoma diffuso a grandi cellule B.

Oggi Rituximab ha un ruolo primario nel trattamento di tutti i linfomi non-Hodgkin che derivano da cellule B.
Rituximab aumenta la risposta terapeutica, e di conseguenza aumenta le probabilità di guarigione, prolunga la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza globale.

La somministrazione per via endovenosa necessita di un accesso venoso, periferico o centrale. Qualche volta nei pazienti pluritrattati può diventare difficoltoso trovare questo accesso periferico, ma la presenza di un catetere venoso centrale permanente d’altra parte espone il paziente sia a rischio di infezione del catetere sia ad eventi trombotici, soprattutto se permane per molto tempo. Inoltre, un catetere venoso centrale necessita di medicazioni, irrigazioni da parte di personale sanitario almeno una volta a settimana.

Inoltre, la somministrazione dell’anticorpo monoclonale per endovena richiede molto tempo, normalmente circa 3 ore.

I benefici della somministrazione sottocutanea di Rituximab sono molteplici. Il principale vantaggio è il risparmio di tempo dal momento che il tempo di somministrazione si riduce a circa 5-7 minuti per l’applicazione sottocute rispetto alle 3 ore della somministrazione per endovena. Questo si traduce in minor tempo di permanenza in ospedale da parte del paziente e del suo accompagnatore. Anche per il personale sanitario si riduce il tempo d’impegno per la somministrazione della terapia.

L’efficacia e la sicurezza di Rituximab somministrato per via sottocutanea sono state dimostrate in molteplici studi e sono risultate equivalenti alla somministrazione per via endovenosa.
I dati di farmacocinetica hanno dimostrato che il valore farmacocinetico della concentrazione nel sangue dopo la somministrazione sottocutanea di Rituximab a distanza ( concentrazione di valle ), prima della successiva somministrazione, è sovrapponibile a quello della somministrazione del farmaco per via endovenosa.Sappiamo che questa concentrazione di valle è quella determinante per l’efficacia della terapia.

Due studi hanno confrontato l’efficacia della terapia sottocute e quella endovena.
Lo studio SABRINA ha comparato le due formulazioni in una popolazione di più di 400 pazienti affetti da linfoma follicolare. È stata osservata la stessa efficacia della formulazione sottocute e di quella per endovena per quanto riguarda la risposta globale e la sopravvivenza libera da progressione.
Lo studio MABEASE che ha riguardato circa 600 pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B ha confermato che le due modalità di somministrazione hanno la stessa efficacia e sicurezza anche nei linfomi aggressivi.

In conclusione, la formulazione sottocute permette una somministrazione della terapia più rapida con benefici per paziente, caregiver e personale sanitario a parità di efficacia e sicurezza. ( Xagena_2017 )

Fonte: Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, 2017

Xagena_Medicina_2017